Questa giornata è l’occasione per portare delle riflessioni sul lavoro in una società globale, in cui sempre meno incide il potere della politica e sempre più quello della finanza.

Il Governo, qualunque sia, dovrebbe operare per amplificare tutto ciò che di positivo si manifesti nella società, facilitando il passaggio verso il lavoro. Invece, il cittadino ha la forte sensazione che le strutture statali cambino, approvino o annullino le regole sul lavoro, seguendo le volontà di gruppi di potere, che trattano lo Stato come una Società per azioni. La conseguenza è che le istituzioni operano dimenticando l’unione di intenti e di aspirazioni, l’orgoglio e la coscienza di appartenere ad un gruppo umano con un denominatore comune (popolo, nazione, paese, stato, o come lo si voglia denominare), diventando un coacervo di gruppi che si contendono il potere nel disperato tentativo di continuare a mantenerne il controllo.

Ed invece l’Italia deve rinsaldare, attraverso un’occupazione che veda il lavoratore protagonista e partecipe, i vincoli profondi e vitali tra cittadini. E per arrivare a questo è necessario che ogni cittadino possa realmente conoscere e comprendere il suo lavoro come uomo e non macchina. Perché è la somma di esperienze negative che ha reso il popolo sfiduciato di fronte a coloro che parlano di benessere, trasparenza, onestà e poi si oppongono alle norme sulla trasparenza che li riguardano, alla riduzione dei loro vitalizi o pensioni, e perfino ad un semplice “contributo di solidarietà”.

E così tutti diventiamo restii ad impegnarci a fondo, poiché la burocrazia, l’anonimato e l’irresponsabilità circolare, sono abissi senza fondo che inghiottiscono le giornate di lavoro, l’una dopo l’altra. Se si farà in modo che ogni cittadino diventi un individuo politico, responsabile del suo lavoro e, per effetto di ciò, con una partecipazione attiva, avrà rivoluzionato realmente il concetto di lavoro e la società.

È evidente che non stiamo parlando, semplicemente, di avere più lavoro, bensì di iniziare una rivoluzione culturale, di un nuovo approccio al senso e alla cultura del lavoro che, necessariamente, deve partire dalla politica.

È evidente che l’impoverimento della maggior parte degli italiani, e la tanta voglia di violare le leggi fiscali, deriva da una tassazione al di là dell’immaginabile, e dell’assenza di politiche di sviluppo e occupazione. Inoltre, non ha aiutato una serie di norme, come il differimento del pagamento della cd “liquidazione”, la necessità di contrarre mutui per percepire la propria pensione, fino ad arrivare ai molti effetti nefasti della legge Fornero. Eppure, la nostra Costituzione potrebbe essere d’aiuto. Ed in effetti, all’art. 46 recita: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.”

E’ fondamentale che i lavoratori siano coinvolti nelle scelte strategiche delle aziende, anzi siamo convinti che se il Capitale e il Lavoro non riescono a trovare un metodo per cooperare, con onestà intellettuale e comuni fini, il lavoro tenderà a scomparire e il capitale a perdersi nell’infinito mare del mercato globale.

La artificiale e ideologica contrapposizione di questi due aspetti ha oscurato il vero significato di ciò che è “Capitale” e di ciò che è “Lavoro”. Si è cercato, per un secolo e mezzo, di farli portavoce di posizioni politiche contrapposte mentre Capitale e Lavoro sono come Materia ed Energia: diverse forme di una stessa natura e sono carenti di polarità morale, cio: non sono buoni né cattivi, giusti o ingiusti, poiché l’impronta morale viene data dall’uomo che li maneggia.

In conclusione, in questa giornata, che dovrebbe ricordare l’art. 1 della Costituzione ma che sembra ogni anno celebrarne il funerale, facciamo un appello a tutti i cittadini, ed in special modo a chi ha maggior responsabilità su questi temi, affinché si inizi un processo di revisione organica della legislazione sul lavoro, a partire dalla Carta Costituzionale ed alle sue norme mai applicate, per attivare un meccanismo virtuoso che permetta una vera rivoluzione culturale.

Segretario Generale
Francesco Prudenzano

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