Nel 1968 esisteva un principio di Autorità formale che coincideva con l’autoritarismo e quasi mai con l’autorevolezza. Per questo, invece di ridefinire la funzioni di autorità, si preferì molto più semplicemente attaccare il sistema fortemente autoritario.

Contro quel sistema si schierò una generazione che rappresentava trasversalmente sia la destra che la sinistra e la prova lampante fu proprio ciò che avvenne agli inizi del 1968 e che sfociò nella nota “battaglia di Valle Giulia” dove si ritrovarono accanto ai gruppi universitari di sinistra a guerrigliare contro la polizia.

Ma il ’68 non fu solo Valle Giulia o le università occupate. Fu anche l’autunno caldo sindacale che l’anno successivo sfocerà in scioperi e lotte che portarono indubbi vantaggi sociali. Artefici di quell’autunno del 1969 furono Giorgio Benvenuto, Pierre Carniti e Bruno Trentin che guidavano i sindacati metalmeccanici di Uil, Cisl e Cgil e che stravolse tutti gli schemi fino ad allora utilizzati nei rinnovi contrattuali, passando ad una battaglia politica. In quel periodo si avvertirono i primi sintomi di un periodo buio che si concretizzò negli anni ’70 e che vengono ancora identificati con il termine di “anni di piombo”.

È però evidente che portarono a un miglioramento delle condizioni di vita e favorirono l’approvazione dello “Statuto dei Lavoratori” del maggio 1970. Così come per la prima volta veniva stabilito il riconoscimento giuridico alle Rappresentanze Aziendali Sindacali, senza però definire le regole della rappresentanza e della partecipazione, mantenendo inattuati gli articoli 39 e 46 della carta Costituzionale.

Sintetizzando si può affermare che il ’68 seppe migliorare, sotto l’aspetto sociale, l’Italia ma mise in discussione Valori e Istituzioni e Regole che, a lungo termine, vennero smantellate producendo un clima di lassismo in tutti i settori a partire dalla famiglia. Forse un’opportunità sfuggì in quegli anni, per volontà o disinteresse di entrambe le parti: regolare la rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro.

Uno strumento che si pensava legasse le mani ma che, invece, serviva a regolamentarne l’azione e a consentirne il ricambio, senza il quale siamo arrivati ad un sistema di rappresentanza sclerotizzato e inefficace a dare concrete risposte. La mancanza di una legge che regola i rapporti è stata spacciata per libertà di associazione ma è esattamente il contrario: l’applicazione della legge della giungla in cui prevale chi c’era e non la scelta migliore. Questo perché non esiste ancora la libertà per il lavoratore o l’impresa di scegliere da chi farsi rappresentare. Le attuali forme di rappresentanza collettiva, con le loro ristrettezze, sono in netto declino e non possono durare molto di più, anche se “vengono riverniciate” frequentemente.

Cosa rimane oggi di quelle battaglie? E cosa ha mancato di raggiungere il ‘68? Le conquiste di allora sono ancora attuali?

Su questi interrogativi Confintesa intende aprire una riflessione il 5 ottobre prossimo presso la sede nazionale di Confintesa, che vedrà la partecipazione del giornalista Guido Paglia, fu uno dei protagonisti della nota “battaglia di Valle Giulia” del 1° marzo 1968, del sindacalista Giorgio Benvenuto, ex segretario generale della Uil, che fu tra gli artefici dell’autunno caldo del 1969. La parte imprenditoriale sarà rappresentata da Vincenzo Elifani, presidente di Confapi Lazio, che darà una lettura dei fatti dell’epoca vista da un imprenditore.

Interessante sarà ascoltare un noto e giovane filosofo, Diego Fusaro, che esaminerà e farà le sue valutazioni sociali sui fatti di cinquant’anni fa. Ovviamente interverrà anche il segretario generale di Confintesa Francesco Prudenzano.

La tavola rotonda è coordinata dal giornalista del TG2 della Rai, Fabrizio Frullani.

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