“Un accordo che vincola solo i sottoscrittori non può risolvere il problema, mai affrontato, dei Contratti di lavoro nel privato. L’uso e l’abuso del dumping in molticontratti collettivi nazionali, che nessuno nega, è principalmente frutto della mancata introduzione di regole generali e astratte: attuazione dell’art. 39 della Costituzione, salario minimo garantito, sistemi di misurazione della rappresentatività. Nel pubblico impiego l’intervento di norme di legge, seppur carenti e criticabili, ha permesso, da una parte la selezione delle Organizzazioni sindacali rappresentative, senza privilegi precostituiti per alcune, perché abusata e confusa) e ha consentito la pluralità sindacale, portando le sigle stipulanti a una decina.

Sempre meno della giungla di organizzazioni, vere e finte, esistenti nel mondo del lavoro privato. E invece si assiste ancora una volta al tentativo di “blindare il fortino” per evitare il pluralismo sindacale, sia datoriale che dei lavoratori, quando questa situazione è proprio l’inevitabile conseguenza di un sistema ingessato, monopolizzato dalle associazioni storiche che ha portato non sono Fiat-Chrysler a uscire dal sistema di Confindustria, ma anche Salmi Impregilo, Amplifon, Cartiere Pigna, Morellato e Finmeccanica.

Il problema è più ampio e complesso di quello che vogliono raccontare. E un’intesa sulla rappresentanza sindacale e datoriale che vincola soltanto le parti firmatarie non è certo la soluzione del problema.”

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