Un articolo del 30 gennaio scorso sul Sole24Ore, firmato da Massimo Tucci, ha acceso i riflettori sulla mancata firma del CCNL Funzioni Centrali da parte di CGIL e UIL, e sul conseguente rischio di invalidità dei Contratti Integrativi. L'intervistato è il Prof. Sandro Mainardi, ordinario di diritto del lavoro presso l’Università Alma Mater di Bologna.

Attraverso concetti che appaiono, forse per via della sintesi giornalistica, incompleti e imprecisi, si paventa una serie di catastrofi in arrivo: una "contrattazione separata" (quando in realtà la contrattazione è unica e chi non partecipa è semplicemente assente), un'escalation di ricorsi (è la prassi, niente di tragico) e la possibilità che le Amministrazioni, in un impeto di follia, ammettano ai tavoli negoziali "sindacati che non ne hanno diritto" causando la nullità degli accordi e la responsabilità erariale.

Il risultato? Secondo l'articolo, il rischio di far saltare l'intero sistema. Un sistema ideato trent'anni fa che, all'epoca, godeva del pieno appoggio del sindacato confederale, anzi della sua attiva partecipazione.

Ma facciamo un passo indietro.

La privatizzazione del Pubblico Impiego, introdotta dal d. lgs. 29/93, fu fortemente voluta e concertata proprio con il sindacato confederale. E non fu un caso che, nella sua attuazione, in primis con la creazione dell'A.Ra.N. (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) e di tutte le strutture necessarie, allo stesso sindacato confederale furono assegnati incarichi e posizioni chiave nel nuovo assetto contrattuale. Un chiaro esempio di come la collaborazione prevedesse anche una spartizione di potere e poltrone.

La regola contrattuale incriminata, quella che recita "se non firmi i CCNL non partecipi alla contrattazione integrativa", fu introdotta proprio su pressione del sindacato confederale per silenziare il dissenso dei sindacati "autonomi". Un perentorio: "Se non sei d'accordo con noi, sei fuori!".

La nostra Organizzazione ne sa qualcosa. Fummo infatti vittime di questa regola quando l’Ufficio Relazioni Sindacali dell'Aran, guidato da un ex dirigente di un ente di formazione della CGIL e moglie di un segretario confederale della stessa sigla, "sbagliò i conti" (passatemi il termine) privandoci della possibilità di firmare il CCNL dell’epoca. Sottolineo "sbagliò i conti" perché, sebbene la Corte di Appello di Roma ci abbia dato ragione dopo diversi anni, la Cassazione, chiamata a quantificare il danno, stabilì che si trattò di un errore di calcolo involontario, senza dolo né colpa, condannandoci persino alle spese processuali.

Una beffa!

Dopo trent'anni, le stesse regole si ritorcono contro chi le aveva volute. La storia ha un senso dell'umorismo pungente, non c'è che dire. Ed ora qualcuno sostiene che forse sarebbe il caso di rivedere quelle regole per evitare il “cataclisma” descritto all'inizio.

Questa regola deve restare, almeno per un altro po'. Chiamatela nemesi, compensazione karmica, o come preferite. In fondo, si tratta solo di un pizzico di giustizia. 

Segretario Generale
Francesco Prudenzano

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