
La possibile riapertura del semestre di silenzio-assenso per la destinazione del Trattamento di Fine Rapporto a forme di previdenza complementare continua a preoccupare.
Il quadro:
La misura, prevista da un emendamento alla Legge di Bilancio 2025 prima dichiarato inammissibile e poi riammesso, rientra in una discutibile strategia del Governo finalizzata al potenziamento dei fondi previdenziali complementari.
Il modello ricorda quello del 2007, quando la riforma della previdenza complementare consentì per sei mesi l’automatico trasferimento del TFR maturato a forme integrative nel caso in cui il lavoratore non avesse esplicitamente richiesto il contrario.
Cosa cambia:
In caso di approvazione dell'emendamento alla Legge di Bilancio, dal 1° gennaio 2025 i lavoratori dovranno esplicitare la loro volontà di mantenere il TFR maturato dentro la loro azienda. In caso di mancata comunicazione, dopo sei mesi, varrà la regola del silenzio-assenso e il TFR sarà automaticamente trasferito verso i fondi pensione integrativi previsti dai contratti collettivi nazionali.
La posizione di Confintesa:
“L'emendamento introdotto in Legge di Bilancio comporta rischi molto alti e piace solo a chi ci guadagna.
Lo scandaloso silenzio-assenso esiste già nei fondi pensione del pubblico impiego, come nel caso del "Perseo Sirio", e vi hanno sempre aderito in pochi. E non perché, come sosteneva qualcuno, lo strumento non è stato spiegato bene: siamo sicuri piuttosto che, fosse stato spiegato meglio, ci sarebbero state ancora meno adesioni.
Non è chiaro, ora, quali sarebbero i vantaggi di questa nuova mossa del Governo. Il buon vecchio Tfr ha funzionato in modo egregio, anche in periodi di alta inflazione come quello che stiamo vivendo. Nel 2022, per esempio, ha registrato un +10% di rivalutazione mentre la previdenza integrativa ha avuto perdite medie comprese tra il 10 e 11%.
Anche nei periodi di bassa inflazione, il TFR ha offerto rendimenti fra i più alti con deflazione e tassi negativi.
In realtà il TFR è odiato e attaccato solo da soggetti in conflitto d'interessi: banche, gestori, assicurazioni, grosse strutture confederali e associazioni datoriali (co-gestori dei fondi pensione negoziali)” - ha commentato Francesco Prudenzano, Segretario Generale di Confintesa.