
Di seguito vi proponiamo l'intervista completa del Segretario Generale di Confintesa, Francesco Prudenzano, rilasciata al quotidiano Il Tempo:
Con il rinnovo del CESE europeo alle porte e in un momento in cui si discute di trasparenza nella rappresentanza sindacale, Francesco Prudenzano lancia parlando con Il Tempo un allarme su meccanismi poco noti ma molto radicati. Secondo il Segretario Generale di Confintesa ci sarebbero sigle che hanno solo adesioni meramente formali. Un'anomalia tollerata e, in certi casi, legittimata dalle istituzioni.
Segretario Prudenzano, la rappresentanza sindacale oggi è davvero così distorta?
"Sì. Il sistema si regge su dati autoreferenziali. Nessuno verifica chi rappresenta davvero chi. Alcune sigle dichiarano centinaia di migliaia di iscritti quando in realtà ne hanno poche centinaia. E nessuno controlla."
Come riescono a costruire questi numeri?
"Attraverso una rete di piccole associazioni che aderiscono formalmente a una confederazione. Ognuna ha degli iscritti, ma messe insieme fanno volume. Peccato che non abbiano alcun potere reale all’interno della confederazione a cui aderiscono: lo statuto non glielo consente. Pagano una quota di adesione per firmare convenzioni con l’INPS, e basta. Nessuna assemblea, partecipazione, nessuna voce."
E cosa ci guadagnano?
"L'unico interesse sono le convenzioni con l’INPS che permette loro di tesserare pensionati, disoccupati, percettori di NASpI, CIG, ecc. Ogni adesione si paga fino a 10.000 euro all’anno. Ma i soldi non vanno al sindacato. Vanno a una fondazione privata, spesso legata a una sola famiglia. Il sindacato è solo una facciata. Il vero centro del sistema è la gestione di questi flussi."
Ma queste organizzazioni firmano anche contratti collettivi...
"Sì, ma solo sulla carta. Firmare un contratto oggi è facile, basta trovare una associazione datoriale disponibile. Ma queste sigle non assistono nessuno, non fanno vertenze, non danno tutele, non partecipano alla contrattazione integrativa. Nei posti di lavoro non ci sono. A riprova c'è il fatto che nella Pubblica Amministrazione, dove si misurano iscritti e voti, sono inesistenti."
E le istituzioni?
"Il punto è proprio questo. Non si tratta solo di distrazione. Qui c'è una responsabilità politica precisa che concede riconoscimenti, accredita queste sigle, consente l'uso disinvolto di convinzioni pubbliche. Succede che al CNEL si viene inseriti come sindacati mentre al Cese, in Europa, gli stessi si fanno passare come enti del terzo settore. E ora, con il rinnovo del CESE alle porte, c'è il rischio concreto che questo gioco continui, sotto gli occhi di chi dovrebbe tutelare la rappresentanza vera. Se questo accade è perché qualcuno ha deciso di chiudere un occhio. O tutti e due."
Qual è il rischio più grande?
"Che a pagare siano i sindacati veri, quelli che fanno contrattazione, assistenza, vertenze, conflitto. Alla luce di tutto questo, le confederazioni che gonfiano i propri numeri rischiano di sembrare quasi il problema minore. Almeno fanno attività sindacale, giusto o sbagliato che sia. Qui siamo davanti a qualcosa di diverso: una rappresentanza costruita solo per scopi economici senza trasparenza, senza base, senza voce, che esiste solo per drenare risorse. Alla fine, chi ha davvero voce nei luoghi di lavoro viene oscurato da chi ha solo un timbro e un indirizzario. E se tutto questo viene legittimato dalle istituzioni, allora il problema non è solo sindacale, è politico."