
Ieri sera, nel breve spazio concessomi a DiMartedì, ho avuto la conferma di quanto sia difficile, se non impossibile, sviluppare un ragionamento complesso e articolato in un minuto di intervento, per di più in collegamento remoto. Troppo spesso, il dibattito televisivo si riduce a una sequenza di slogan, senza lasciare spazio alla necessaria analisi approfondita.
Volevo affrontare il tema dei cosiddetti "dazi di Trump", un argomento che da mesi infiamma il dibattito pubblico. Trump, con il suo stile diretto e spesso provocatorio, suscita reazioni forti. Tuttavia, se riusciamo a mettere da parte l'antipatia istintiva, possiamo notare alcuni fatti concreti.
Da mesi, si parla di una "guerra commerciale" imminente, con toni allarmistici. Eppure, i famigerati dazi, annunciati ad aprile, sono rimasti in sospeso per la maggior parte del tempo. Come avevo previsto a gennaio, nonostante le critiche, Trump non poteva permettersi di imporre dazi senza conseguenze sull'economia americana. E infatti, così è stato.
In trasmissione, avrei voluto sottolineare l'inutilità di un sondaggio sulla popolarità di chi minaccia dazi. È un esercizio che non porta a nulla di concreto. La domanda cruciale è: dove sono, concretamente, questi dazi? La risposta è che sono ancora sospesi, perché Trump li sta usando come leva negoziale.
La mia previsione è che la "guerra commerciale" con l'UE si risolverà con un compromesso, con conseguenze minime e settorializzate sulle esportazioni. Il Made in Italy, in particolare il settore del lusso, non subirà danni significativi, poiché i prodotti di alta gamma continueranno ad essere richiesti nonostante eventuali aumenti di prezzo.
La vera sfida riguarda la manifattura del nord Italia, strettamente legata all'industria tedesca. In caso di crisi, l'Italia dovrà gestire attentamente la situazione.
Come si può notare, si tratta di un'analisi complessa, che richiede tempo e approfondimento, ben oltre il minuto concesso in un collegamento televisivo.
Di seguito, il video integrale dell'intervento: