“Il testo del nuovo DPCM fa tornare nel caos la Pubblica Amministrazione, i pubblici dipendenti e, non ultimi, i cittadini utenti, tutti in bilico tra il dover garantire la salute propria e quella dei colleghi ed andare avanti con il proprio lavoro senza procurare danni all’efficienza della PA”.

Lo dichiara Claudia Ratti, Segretaria generale di Confintesa FP in merito al DPCM del 13 ottobre firmato dal Presidente Conte.

 “Il Governo – continua la sindacalista – ha fissato il limite minimo per i lavoratori che devono lavorare in modalità “agile”, prevedendolo almeno del 50 per cento, ciò significa che la maggior parte dei dipendenti dello Stato dovranno lavorare nelle proprie case. Confintesa FP denuncia, però, la mancanza di strumenti idonei a garantire la massima sicurezza ai dati. È necessario poi individuare gli obiettivi che il personale deve raggiungere e non ultimo pensare ad un indennizzo, ai dipendenti costretti a lavorare da casa, per il consumo delle utenze domestiche.

La prima amministrazione a riconoscere “almeno il 50 per cento” del personale, su precisa richiesta di Confintesa FP, è stato il Ministero della Giustizia con un accordo sottoscritto oggi pomeriggio in via Arenula.

Ormai è indispensabile cambiare modo di pensare al lavoro e capire che il lavoro da casa non è una tipologia per i fannulloni ma uno strumento per evitare lunghe code agli sportelli per l’utenza.

Il lavoro agile – conclude Claudia Ratti – non deve diventare l’ulteriore alibi di chi si affida al luogo comune dello “statale fannullone” ma per questo servono strumenti, organizzazione e soprattutto buon senso e, sinceramente, Confintesa FP non intravede in questo DPCM nessuno di questi tre elementi”.

 

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