Confintesa, da sempre convinta sostenitrice della contrattazione collettiva come strumento principale per determinare salari equi e dignitosi, conferma la propria contrarietà all’introduzione di un salario minimo imposto per legge, come proposto dalla sinistra che, peraltro, in passato si era detta contraria a tale misura.

“Abbiamo rigettato l’impostazione ideologica e centralista del salario minimo, scegliendo invece di dare fiducia al Governo affinché introducesse politiche concrete per il recupero del potere d'acquisto dei salari e per un controllo più efficace sull’aumento dei prezzi al consumo – dichiara Francesco Prudenzano Segretario Generale di Confintesa - purtroppo dobbiamo registrare che le risposte attese non sono arrivate. Le politiche del lavoro finora adottate non sono state né strutturali né risolutive.

La situazione salariale -continua Prudenzano - soprattutto nel settore privato, è drammaticamente bloccata. Le trattative contrattuali si arenano, i salari reali si sono impoveriti, e troppe famiglie italiane non riescono più a condurre una vita dignitosa. Il lavoro povero è oggi un fenomeno strutturale, e i meccanismi di redistribuzione della ricchezza sono pressoché assenti.

Confintesa - conclude Prudenzano - propone di riaprire un tavolo di confronto sul tema delle retribuzioni, ispirandosi al modello tedesco che prevede un salario minimo pari almeno al 60% del salario medio nazionale (in Italia circa 7 euro netti l’ora). Richiama, inoltre, l’articolo 36 della Costituzione sul diritto a una retribuzione dignitosa e chiede un intervento condiviso tra le parti sociali, nel rispetto della contrattazione collettiva senza ambiti riservati ed esclusivi ora presenti che rendono il sistema sclerotico e antiquato. Invita il Governo ad abbandonare approcci ideologici e ad affrontare seriamente il problema dei salari bassi, della contrattazione ferma e delle disuguaglianze”.

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